Nella tensione tra disegno e dipinto, tra progetto ed esecuzione, Claudio Bissattini mostra i suoi profondi legami formativi e generazionali con quegli artisti che più di altri hanno riflettuto sulla pittura e sulle sue componenti linguistiche attraverso una visione analitica che ha raggiunto spesso approdi concettuali. L'opera di Bissattini, infatti, da molti anni indaga i meccanismi costruttivi e decostruttivi dell'immagine, la sua dissezione e la sua ricomposizione mediante lo strumento antico ma sempre vitale della pittura. L'artista si serve di un primo spunto fotografico su cui lavora con grande raffinatezza, trasformandolo completamente e nobilitando in un certo senso la sua esibita banalità con una soluzione mentale che prevede soltanto il parziale compimento del quadro, condotto con una maestria esecutiva di sicura e decisa qualità mentre il resto dell'opera è lasciato apertamente e coscientemente non finito, esibendo la sua armatura architettonica e disegnativa. In questo modo i tratti del disegno abbozzato sul bianco si pongono in dialogo con la struttura illusiva e iperreale che sta al centro della stesura cromatica, in una concezione che mostra il rigore delle riflessioni di Bissattini sulle possibilità di sopravvivenza della pittura nel contesto mediatico contemporaneo. L'artista, in termini di comunicazione, lavora difatti sulle zone "calde" e "fredde" del dipinto proprio per accentuare la sua forza espressiva nella dialettica delle due diverse parti. Questa idea denota con chiarezza che l'autore non è legato a una scelta di semplice figurazione mimetica ma che ha deciso di lavorare sull'immagine per entrare con maggiore incisività nelle strutture del linguaggio pittorico. Bissattini si avvicina quindi agli esiti aniconici di una certa pittura analitica, dove le pennellate si mutano in particelle fondanti e dove l'azione dell'artista determina con lucidità in anticipo quello che dovrà essere il suo risultato finale. Il nostro pittore, pertanto, fissa con severità l'impianto progettuale di quello che dovrà diventare un suo lavoro, programmando con evidente attenzione una fase esecutiva legata inscindibilmente a un assunto intellettuale di base che pianifica il metodo, la realizzazione e le sue soluzioni. Bisattini, non a caso, parla spesso della sua volontà di operare sulla pittura in termini concettuali, in una posizione dove le opere sono condotte su un piano di ricerca che per certi versi potrebbe essere sviluppato in modo più impersonale attraverso strumenti oggettuali o fotografici. Bissattini, però, non si limita a una complessa visione analitica ma aggiunge alla sua pittura un'importante e raffinata qualità cromatica e una serrata attenzione per temi che appaiono purtroppo di bruciante attualità ma che l'artista affronta ormai da molti anni. Con una tavolozza che nei suoi accordi mostra i suoi legami cn la grande tradizione romana del Novecento. Bisattini ci parla dei detriti di un presente ormai decrepito e in disuso, di rottami abbandonati nelle discariche per comporre le fioriture artificiali di un'età industriale in disfacimento. I motori e le latte, i cartelli, i copertoni e le carcasse di auto si uniscono quindi ai tubi e ai bidoni per creare le rovine di un mondo in dissoluzione. Con uno sguardo che non dimentica la grande pittura dei secoli precedenti. Bissattini dipinge così i suoi paesaggi contemporanei come una volta si dipingevano i monumenti e le vestigia dell'antichità, e non a caso gli strumenti che il pittore utilizza sono quelli aggiornati del vedutismo settecentesco. Dal tempo razionale del progetto emerge così il tempo contemplativo dell'elegia concentrato nelle ombre nette che si stagliano sui labirinti metallici di rottami colorati dagli elementi atmosferici e dal paesaggio degli anni. Raccontandoci la devastazione di un pianeta sempre più ricoperto da rifiuti e detriti. Bissattini riesce allora a creare una visione simultanea dove il pensiero si unisce alla nostalgia e alla denuncia, dove la razionalità si coniuga al sentimento della transitorietà del tutto. Il nitore di Bissattini ci parla forse di un nuovo realismo magico delle cose ormai inutili, di una verità così bruciante che rende impossibile all'artista la realizzazione totale del dipinto, nella consapevolezza che l'illusionismo della pittura e gli inganni delle immagini paradossalmente aumentano la verità delle cose attraverso i raffinati meccanismi della finzione.
Lorenzo Canova